Chatbot e community management: come utilizzare (bene) i bot per gestire una comunità virtuale.
L’attività di Community Management è arrivata ad un bivio. Oggigiorno i brand hanno piena consapevolezza dell’importanza di avere una community ben salda e strutturata per avere, di conseguenza, un business duraturo nel tempo. Possiamo affermare che i community manager sono quelle figure che mettono le basi per il successo di un business, fondato sulle relazioni umane. In questo senso, l’intelligenza artificiale e le tecniche di automazione possono supportare queste attività. Se usati sapientemente quindi, i chatbot possono aiutare i gestori delle community a fare il proprio lavoro in meno tempo. Ma attenzione: meno tempo non coincide con l’assenza di tocco umano, essenziale per costruire un’infrastruttura umana che fa sentire gli utenti interconnessi.
Come può funzionare questo scenario? La costruzione dell’automazione, quindi del chatbot in sé per sé, deve avvenire a braccetto con il community manager, quella figura che conosce a fondo gli utenti, conosce il linguaggio con il quale approcciarsi e le problematiche più calde per il brand. Bisogna dunque “modellare” un robot contestualmente alle esigenze di quella comunità online, in modo che non venga percepito l’inizio e la fine dell’intervento umano.
Un chatbot può diventare un community manager?
Il ruolo del community manager a molti può apparire superficiale, ma in realtà si tratta di una figura molto complessa. Ad un primo livello, il lavoro consiste nel rispondere alle richieste degli utenti, le loro problematiche, semplici domande su un prodotto o anche solo un apprezzamento. Tuttavia, un buon community manager non si limita a fare servizio clienti. I migliori community manager sono coloro che hanno le capacità di costruire delle relazioni con le persone che compongono l’ecosistema online e, allo stesso tempo, sono in grado di facilitare la costruzione di relazioni tra gli stessi utenti che formano una community.
Un chatbot può fare tutto questo? Se ci fermiamo al primo livello, ossia all’esigenza di avere qualcuno che faccia servizio clienti, probabilmente questo è possibile. Ma se ragioniamo in ottica di costruzione della community, e con essa di relazioni interpersonali tra gli utenti, la risposta è sicuramente no. Il livello di intelligenza di un chatbot si basa su un dettaglio di risposte pre-programmate a domande che contengono determinate parole chiave. Nella maggior parte dei casi, dato che la programmazione si fonda su una base casuale, come “dato questo input, fornisci questo output”, è estremamente difficile per una macchina sviluppare una conversazione alla cui base è necessario giudizio. Questa stessa funzionalità però, come detto in precedenza, rende i chatbot degli assistenti per i clienti davvero capaci!
I principali benefit che un community manager può trarre dalla presenza dei chatbot
Come è semplice intuire, per i chatbot c’è ancora una lunga strada da percorrere, ma attualmente l’impatto sulle community è forte. I principali benefit che un community manager può trarre dalla presenza dei chatbot sono due:
- Anche il più umile dei chatbot può ricoprire dei ruoli che per un community manager sono quasi fastidiosi. Piuttosto che trascorrere interi pomeriggi a cercare la risposta tra le FAQ per quel cliente che ha posto proprio quella domanda, un semplice chatbot può fornirgliela immediatamente partendo da una parola chiave;
- Il vero valore dell’intelligenza artificiale non è solo quello di ridurre il carico di lavoro complessivo, ma deriva dal fatto di potersi focalizzare su un flusso di lavoro più proficuo. Lasciate che il chatbot si occupi delle cose procedurali e concentratevi direttamente sulla connessione del brand con le persone. Questo darà anche il tempo di creare dei contenuti migliori per la community.
I chatbot sono il futuro del community management, quindi è necessario iniziare a conoscerli oggi per imparare ad integrarli nel proprio lavoro, in modo da non farsi superare e restare sempre al passo con le nuove tecniche di social management.
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