Qual è l’errore più comune di un business? Strategia di marketing sbagliata, prodotto che non corrisponde alle aspettative, brand debole e nessun lavoro di miglioramento. Nel caso di Twitter però non è niente di tutto questo. Continua a leggere per scoprire anche cosa sta succedendo con le LinkedIn Stories.
Twitter sta ancora in piedi nonostante il gruppo Facebook continui a convincere una grossissima fetta di utenti proprio per la sua stessa natura.
Il social è per sua natura uno strumento di dibattito politico, molto usato per le comunicazioni “ufficiali” (nonostante ci siano presidenti che dimenticano il fatto che pur sempre si tratta di un social) e per condividere insieme eventi, prime visioni e notizie di varia natura.
Ma il team di Twitter è pagato per sfornare nuove idee e metterle a disposizione dei suoi utenti e come poteva farsi scappare una feature nata da SnapChat e diventata popolare su Instagram?
Ecco che arrivano le Stories di 24 ore anche su Twitter. Si chiamano Fleets e gli utenti dichiarano guerra.
Due secondi soffermiamoci sulle caratteristiche:
- I contenuti scompaiono dopo 24 ore
- Non possono essere ritwittate
- Non ottengono cuoricini
- Non si può rispondere pubblicamente alle stories
- Si può interagire solo tramite DM
La potenza di Twitter è la programmazione da piazza pubblica, in cui il dibattito per lo appunto è pubblico quindi alla vista di tutti. Quindi perché creare una feature che sia praticamente uguale ai competitor?
We’ve been listening to this feedback and working to create new capabilities that address some of the anxieties that hold people back from talking on Twitter. Today, in Brazil only, we’re starting a test (on Android and iOS) for one of those new capabilities. It’s called Fleets. pic.twitter.com/6MLs8irb0c
— Kayvon Beykpour (@kayvz) March 4, 2020
Scelta corretta o meno non stiamo a sindacare su questo aspetto. Ci stanno già pensando gli utenti che con un Hashtag hanno dichiarato il loro “non apprezzamento” alla nuova feature.
#RIPTwitter arriva tra gli hashtag in trending
Reazione molto esagerata ma… è Twitter. Vive per dare visibilità a reazioni esagerate, alcune volte ciò gli si ripercuote contro. Non è la prima volta che i suoi utenti si sono mostrati non proprio soddisfatti. Basti pensare al terribile affronto con l’abolizione dei 140 caratteri. Eppure Twitter è ancora qui: vivo, vegeto e richiama l’attenzione.
Quali sono le ragioni di tale accanimento contro la piattaforma?
Si parla di una funzione che non era stata richiesta e che si pensa abbia rubato tempo per crearne nuove più interessanti e volute, come ad esempio la possibilità di modificare i tweet.
Di contro la risposta di Twitter è quella che in questo modo vuole avvicinare gli utenti che non sono a proprio agio a scrivere i propri pensieri in un dibattito pubblico aperto a cui tutti possono rispondere e anche il pensiero dei cuoricini e dei Retweet mette una sorta di pressione sociale.
In ogni caso è ancora una feature in test, disponibile solo su iOS e Android localizzati in Brasile. Quando arriverà da noi è ancora da stabilire.
Nel frattempo su LinkedIn….
Il social dei professionisti per eccellenza continua a introdurre funzioni simili a quelli di altri. Nel 2019 è stato l’anno delle reaction, introdotte e usate da tempo su Facebook, mentre in questo 2020 vedremo l’avvento delle LinkedIn Stories.
Quante cose dobbiamo dirci in 24 ore?
- Colazione/Pranzo/Cena li mettiamo su Instagram
- Lavoro/Lezioni su LinkedIn
- Farci notare politicamente impegnati su Twitter
- Video e challenge ridicole su TikTok
- I gatti vanno bene ovunque. Conquisteranno anche LinkedIn.
Ecco come dovremmo passare le nostre 24 ore.
Andando oltre le battutine, torniamo alla dichiarazione di Pete Davis – capo dei prodotti sui contenuti di LinkedIn – in cui spiega che stanno testando internamente le Stories per dare la possibilità di condividere i momenti chiave di eventi lavorativi. Lo scopo è quello di rendere più creativo e autentico il modo in cui gli utenti condividono la vita lavorativa.
Aumentare l’engagement e non solo. LinkedIn sta cercando di attirare a se le nuove generazioni che sono già abituate a usare questo formato praticamente ovunque. Inoltre è anche il risultato di un’altra iniziativa, rimasta a disposizione solo per gli studenti universitari americani, chiamata Student Voices in cui si mostravano video brevi caricati sulla Campus Playlist
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