Continua la nostra rubrica delle interviste ai protagonisti del marketing sportivo, tra cui molte agenzie di marketing e comunicazione che ogni giorno studiano e mettono in campo strategie per migliorare la relazione tra tifosi e società sportive.
Tra esse abbiamo trovato molto interessante SGPLus, un team di professionisti che operano a 360° nel mondo sportivo. I loro punto di vista non riguarda solo le squadre ma anche gli altri stakeholder del sistema come aziende, enti pubblici, istituzioni sportive e operatori.
Ci siamo fatti raccontare in questa chiacchierata il 2020 e il loro approccio dopo la decisione di svolgere le partite senza gli spettatori, durante l’emergenza sanitaria covid-19.
Ne abbiamo parlato con Roberto Ghiretti, Presidente di SGPlus e parte del suo team: Nicola Pongetti – VicePresidente e Direttore Area Marketing – e Roberto Lamborghini – Responsabile Centro Studi e Ricerche.
Quali sono i criteri che un’azienda deve tenere in considerazione quando devono scegliere la squadra di cui diventare sponsor?
Una pre-condizione fondamentale quando si pianifica un investimento nel mondo dello sport è che ci sia coerenza tra gli obiettivi e il target dell’azienda e lo sport e lo sponsee scelto.
Non tutti gli sport performano allo stesso modo e non sempre la sponsorizzazione è il mezzo ideale e più funzionale per raggiungere gli obiettivi di un’azienda.
Serve molta chiarezza e consapevolezza nella scelta dello sponsee, è necessario una forte comunione di intenti e la capacità di parlare la stessa lingua.
Nella fase di decisione e di pianificazione degli investimenti la passione dovrebbe essere messa in secondo piano e dovrebbe prevalere le competenze, le professionalità e le progettualità.
A differenza degli gli anni precedenti, come vi siete mossi durante il 2020 nel fan engagement?
Non ci possiamo nascondere, il 2020 è stato un anno terribile per qualsiasi attività di fan engagement, la mancanza di eventi e di pratica sportiva, unita con l’incertezza e il timore provocato dal COVID -19 hanno vanificato o depotenziato molto delle strategie di engagement pianificate da aziende e sport maker.
Ma il COVID ha anche aperto nuove strade, nuovi scenari e nuove modalità di engagement che hanno generato un buon riscontro sia in termini numerici sia in termini di coinvolgimento.
Faccio riferimento ai contest, ai social workout ai webinar e alle attività virtual che si sono sviluppate soprattutto nel mondo del running, della bike, del fitness e degli urban sport, ma anche ai numerosi progetti dedicati al mondo delle scuole che, in poco tempo, abbiamo adattato al contesto virtuale garantendo a bambini e ragazzi di mantenere un coinvolgimento attivo anche se a distanza.
Oltre il calcio, quali sono gli sport che vanno forti del coinvolgimento dei fan secondo la tua esperienza?
Chiaramente dipende dal panorama che vogliamo analizzare.
Negli Stati Uniti sicuramente basket e football americano sono gli sport che attivano maggiormente il loro pubblico e offrono una proposta di attività correlate all’evento sportivo più articolata e coinvolgente.
In Italia, oltre al già citato calcio, abbiamo visto crescere molto il livello di fan engagement del rugby, grazie alla Nazionale, così come la ginnastica (artistica e ritmica) che negli ultimi anni ha realizzato iniziative di coinvolgimento, soprattutto attraverso web, social e canali tradizionali come la tv, che hanno portato all’accrescimento della base dei fan soprattutto fra le più giovani generazioni. Non dobbiamo pensare al “fan” unicamente come soggetto presente nell’impianto sportivo, è importante costruire una strategia che coinvolga un numero sempre maggiore di interlocutori cercando anche di raggiungere nuovi pubblici.
Cosa possiamo fare per coinvolgere i fan anche online oltre che nelle tribune?
Per prima cosa dobbiamo sempre ricordarci che lo sport è emozione e passione;
ogni nostra strategia deve essere finalizzata a valorizzare questi elementi facendo “esplodere” i sentimenti dei fan. Dobbiamo quindi metterci nei panni dei tifosi per capire le loro esigenze, la loro “fame” di sport e come soddisfarle al meglio.
I fan devono essere posti al centro dell’evento sportivo, in un certo senso possiamo arrivare a dire che lo spettacolo devono essere loro. Si devono sentire coinvolti, parte di un grande racconto sportivo che non si può e deve limitare al singolo evento, ma sapendo che durante una stagione sportiva ci possono essere diversi momenti nei quali il tifoso diventa attore in prima persona.
È chiaro dunque che per sviluppare una buona strategia di fan engagement serve una attitudine, cioè una capacità di guardare quello che sta succedendo nel suo complesso, non fermandosi solo all’aspetto sportivo. Un’attitudine dunque che va allenata e che richiede anche una volontà di studiare e fare benchmark. Se tutto questo è vero, significa che è sempre più necessario creare un legame continuativo con la base dei fan e in questo i social offrono sicuramente un vantaggio dal punto di vista tecnico: permettono di raggiungere in poco tempo tantissime persone, creando interazione, quindi relazione, e costruendo un “team” di sostenitori che si sentono parte della squadra.
Ma la ricetta è sempre la stessa: chi sono i nostri tifosi? Cosa possiamo fare per farli avvicinare a noi e offrirgli esperienze uniche e che siano percepite come valore aggiunto?
In questo ambito, quali sono i tool che vi aiutano nell’organizzazione del lavoro?
Abbiamo diversi strumenti che utilizziamo e che consigliamo ai nostri clienti. In questo momento, stiamo lavorando molto attraverso i social network, focalizzandoci sulla creazione di contenuti dedicati ed esclusivi che verifichiamo con un’analisi puntuale degli insight.
Realizziamo survey dedicate, per conoscere meglio le esigenze dei nostri clienti, che cerchiamo poi di coinvolgere con messaggi personalizzati a seconda delle diverse tipologie attraverso canali di contatto diretto che facciano sentire il fan (quindi il cliente) al centro di un rapporto “uno a uno”.
Al di là degli strumenti utilizzati, crediamo che l’elemento fondamentale sia la costruzione di una strategia preliminare che certifichi il ruolo che si vuole avere e gli obiettivi (anche di interlocutori) che si vogliono raggiungere.
Tra i vostri case study, quale puoi raccontarci più significativo per il 2020?
Ci siamo innamorati di un’attività realizzata in Olanda e che è stata ripresa anche da alcuni club italiani.
Si tratta di un’attività realizzata dal club calcistico Heerenveen, che già in passato aveva realizzato belle iniziative. Tutto nasce dalla volontà di continuare a sostenere la Kika Foundation, attiva nella ricerca sui tumori infantili, impossibilitata a realizzare, a causa della pandemia, buona parte delle sue tradizionali attività di sensibilizzazione e autofinanziamento.
Il club ha quindi deciso di posizionare sugli spalti del proprio stadio, durante la partita contro l’Emmen, 15.000 peluches (quanti i bambini olandesi affetti da cancro) che indossavano la maglia della squadra, per poi metterli in vendita a 15 euro devolvendo interamente il ricavato alla fondazione.
Nei giorni precedenti, per promuovere l’iniziativa, sono anche stati realizzati video e immagini con protagonisti i peluche, che hanno ottenuto numero molto alti di like e visualizzazioni.
Tutto ciò ha contribuito a creare un evento davvero partecipato. In neanche 24 ore, dal termine della partita i peluche sono stati venduti tutti, raccogliendo oltre 240.000 euro e dando grandissima visibilità alla causa. Un buon modo per utilizzare gli spalti, in questo momento vuoti a causa del contenimento pandemico, per eventi benefici e per creare un legame positivo fra fan, squadra e comunità.
Ringraziamo tutto il team di SGPlus per il tempo che ci ha dedicato e per questa interessante intervista.