Torna il nostro appuntamento mensile con il meglio delle ultime novità dal mondo del digital marketing. In questa ottava MMR parleremo dell’importanza di una strategia ibrida per le aziende che fanno advertising, ma anche di Generazione Z, privacy e il loro rapporto con i social media, di WhatsApp Business, Threads e della decisione della Commissione Europea per l’adeguatezza dei flussi di dati UE-US.
L’importanza di una strategia ibrida per l’advertising
In vista della Cookie Sunset, oggi le aziende devono adottare un approccio al mondo dell’advertising sempre più ibrido. Infatti, se da una parte i cookie di terze parti non sono ancora stati eliminati, dall’altra continua a crescere l’importanza dell’advertising contestuale.
Nonostante le numerose incognite nel panorama della privacy online, una cosa è certa: sarà fondamentale implementare delle forme di tracciamento per poter raggiungere il proprio target di riferimento, così come lo sarà comprendere il comportamento e gli interessi degli utenti che navigano in rete.
Ovviamente, nel mentre che i cookie di terze parti saranno ancora attivi, è bene continuare a utilizzarli per creare dei pubblici legati alle ricerche online degli utenti. Tuttavia, questo tipo di tracking dovrà essere solo una parte della strategia complessiva, che dovrà necessariamente arricchirsi di altre forme di targeting non basate sui cookie. Tra le opzioni più popolari troviamo sicuramente le tecnologie contestuali predittive, ma anche il targeting per gruppi di interessi e gli identificatori alternativi.
Quindi, non possiamo più fare affidamento su un’unica strategia di targeting e tracciamento per raggiungere il proprio pubblico di destinazione, soprattutto se si considerano le social adv e il fatto che sempre più spesso le persone hanno più account che condividono con utenti tra loro differenti.
Quello di avere due o più account, soprattutto su Instagram, è un vero e proprio must tra i più giovani. Da un lato troviamo il profilo Instagram pubblico e aperto a tutti, mentre dall’altro c’è il “Finsta”, ovvero il “fake Instagram”, condiviso solo con gli amici più stretti, tramite il quale mostrare una parte di sé più autentica. Quindi, la Generazione Z ha un’attitudine differente ai social fattore che deve essere necessariamente preso in considerazione nel momento in cui si creano campagne di advertising destinate a questo tipo di pubblico.
L’approccio della Gen Z alla privacy e ai social media
Gli Zoomers, altro modo di chiamare gli appartenenti alla Gen Z, sono molto diversi dai Millennials. Sicuramente si tratta di una generazione che ha totalmente stravolto le modalità di comunicazione e di interazione tra brand e utenti. Hanno una soglia di attenzione di soli 8 secondi, 4 secondi in meno rispetto ai Millennials, e la loro vita è 100% social, con una media di 4,5 ore al giorno trascorse skippando tra TikTok, Instagram e YouTube.
Leggi l’articolo completo sul Blog Advice: Content loyalty e Gen Z
L’attenzione alla privacy della Gen Z è differente rispetto alla percezione delle generazioni precedenti: sono più favorevoli a cedere i propri dati personali con i brand se la condivisione permette loro di ottenere valore ed esperienze personalizzate. Inoltre, ai form di sign-in prediligono la social login perché è sempre l’opzione più veloce e diretta.
Quello della Gen Z è proprio un modo diverso di vivere i social: oltre all’importanza delle esperienze personalizzate, se mettiamo in confronto il tempo di utilizzo dei social tra le varie generazioni, gli Zoomers usano molto di più tutti i social, tranne Linkedin e Facebook. Tra i social preferiti troviamo, senza troppe sorprese, YouTube, Instagram e TikTok.
Un’altra cosa da sottolineare è che tra le app social più utilizzate dai ragazzi troviamo anche WhatsApp. Secondo la ricerca di Statista, infatti, Gen Z e Millennials costituiscono la maggior parte degli utenti sulla piattaforma.
WhatsApp Business è tra le app più scaricate al mondo
Nel 2022, WhatsApp Business è stato scaricato 292 milioni di volte su dispositivi Android e iOS e le aziende a utilizzarlo sono 1,2 milioni. Soprattutto per i Millennials e per la Gen Z, WhatsApp è il modo più semplice e veloce per comunicare con i loro brand preferiti poiché risulta molto più rapido rispetto all’invio di una e-mail. Non a caso, sono in crescita le aziende che stanno comprendendo l’importanza di inserire questo strumento nella propria strategia di customer relationship.
La probabilità che un messaggio su WhatsApp venga letto è più alta rispetto a una email, che invece può facilmente finire nel marasma di comunicazioni e promozioni. La lead generation, quindi, può essere fatta anche su WhatsApp, che rappresenta per i brand uno strumento per creare relazioni profonde e durature con i propri clienti, perché permette di migliorare la comunicazione e inviare comunicazioni mirate sempre più personalizzate.
Nasce Threads, la risposta di Meta a Twitter (che nel frattempo sta cambiando nome in X)
Nelle scorse settimane si è molto parlato di Threads, l’app clone di Twitter firmata da Meta. Per accedere a Threads basta loggarsi tramite Instagram e nel feed è possibile trovare un mix di contenuti consigliati dalla piattaforma e altri creati da persone che si seguono, con post di lunghezza massima di 500 caratteri e la possibilità di inserire link, foto e video della durata massima di 5 minuti.
Come tutte le app novità, anche Threads ha avuto un vero e proprio boom di iscritti… ma non in Europa, dove l’accesso all’app è tuttora bloccato anche per coloro che tentano di utilizzare la VPN.
Non è un mistero che Threads raccolga dati altamente sensibili, come dati sanitari, finanziari e cronologia di navigazione, tra gli altri, ed è in totale disaccordo con le normative europee. Tuttavia, nei paesi dove è stato rilasciato ufficialmente, Threads ha ottenuto un discreto successo, superando i 100 milioni di iscritti in poche ore. Bisognerà attendere per capire se sarà l’ennesimo social meteora oppure se dobbiamo prepararci a una nuova era.
La Commissione Europea adotta una nuova decisione di adeguatezza per i flussi di dati UE – US
La Commissione Europea ha di recente adottato la sua decisione di adeguatezza per il Data Privacy Framework UE-USA. La conclusione su cui si è arrivati è che gli Stati Uniti garantiscono un livello di protezione comparabile a quello dell’Unione Europea e, quindi, sicuro nella raccolta dei dati personali degli utenti. In pratica? I dati personali possono fluire in sicurezza dall’UE alle società negli Stati Uniti (che operano nel Data Privacy Framework) senza dover mettere in atto ulteriori misure di sicurezza.
In parole povere: lo scorso anno il garante della privacy aveva detto che il trasferimento dei dati negli USA attraverso l’uso di Google Universal Analytics violava il GDPR. Con questo nuovo Data Privacy Framework UE-USA, il trasferimento di dati tra UE ed USA non dovrebbe essere più un problema.
Infatti, il data privacy framework introduce delle nuove garanzie che rispondono alle preoccupazioni della Corte di Giustizia Europea e le compagnie statunitensi potranno aderire al Data Privacy Framework impegnandosi a rispettare un insieme dettagliato di obblighi di privacy.
Ovviamente è solo un primo passo, ma è un primo passo che aspettavamo da molto tempo.