Negli esempi di native advertising trovi un concetto base, molto vicino alla strategia di inbound marketing: aiutare le persone a trovare contenuti utili. Ma con un dettaglio: qui non c’è la firma di un autore disinteressato, il native advertising viene firmato da un’azienda. Da un’attività economica che ha degli interessi.
Quindi stiamo parlando di pubblicità? Sì, il native advertising si posiziona nella macro-categoria dell’adv.
In particolar modo nei contenuti a pagamento. Io ho un portale e attiro il tuo interesse, l’interesse di un’attività che vuole portare il proprio nome sulle mie pagine. Non si tratta però di recensioni, guest post, comunicati stampa e article marketing.
No, il native advertising è un lavoro di content marketing che va oltre la scrittura. In molti casi il native advertising riguarda le pubblicazioni testuali, in altre si richiamano elementi multimediali. Magari in feed, come avviene con Facebook e Twitter. Oppure in widget personalizzati, in ricerche basate sul promoted listing e paid search.
Dal punto di vista tecnico anche nelle app ci sono buoni esempi di native advertising. Il concetto fondamentale? Il brand non si nasconde, e integra il contenuto nella linea editoriale del portale. Interessante, vero? Ecco i casi che devi ricordare per avere ben chiaro il concetto di pubblicità nativa.
MSC crociere e Fanpage
Inizio con un esempio italiano, uno dei migliori dal mio punto di vista. MSC crociere ha una sezione del portale Fanpage dedicata solo ai suoi contenuti. Questa sorta di categoria porta il brand MSC, con widget social dell’azienda e articoli che affrontano, ovviamente, il tema del viaggio. Qui puoi trovare post che descrivono destinazioni e consigli per spostarsi.
L’aspetto interessante: ci sono i banner, ci sono le relazioni con MSC crociere ma il contenuto è in primo piano. Hanno creato una sorta di travel blog all’interno di uno dei portali più visitati in Italia. Questo è un buon modo per fare native advertising.
Harpercollins e Buzzfeed
Una soluzione simile contraddistingue la collaborazione tra la casa editrice con sede a New York e uno dei portali più conosciuti in rete. La fama di Buzzfeed è data soprattutto dai contenuti virali, non è di certo un quotidiano online simile al WSJ o al NYT ma i numeri sono strabilianti. E Harpercollins ha deciso di fare pubblicità su queste pagine.
Come? Con grandi esempi di native advertising. I contenuti pubblicati hanno sempre il banner che mette in chiaro la relazione tra i due brand, ma la linea editoriale è quella diffusa, apprezzata e condivisa dai lettori del portale. D’altro canto un titolo “Come vivere alla Saul Goodman” dice tutto. Trovi la pagina qui buzzfeed.com/harpercollins.
Adobe e New York Times
Due grandi nomi che collaborano per affrontare un tema importante: la rivoluzione tecnologia nel mondo dello shopping. La pagina si apre con un banner ben evidente (contenuto pagato da Adobe) e continua con un sodalizio ininterrotto di codici: immagini e testo disegnano un contenuto degno di essere pubblicato sulla testata.
Il concetto è proprio questo: native advertising non vuol dire essere commerciali. Cosa avresti fatto di fronte a un post inserito nel widget dei consigliati dedicato alla vendita dei prodotti Adobe? Evitato, bypassato. In questo modo, invece, il brand si inserisce nella dieta mediale del pubblico. E non è poco se parliamo del NYT.
Netflix e Wall Street Journal
Il capolavoro del content marketing secondo me. Tra gli esempi di native advertising questo rappresenta la giusta combinazione: Netflix promuove la serie Narcos e decide di usare le pagine del Wall Street Journal. In che modo? Acquistando qualche banner? No, pubblicando un contenuto completo sul mondo della cocaina. E dell’economia.
Qui trovi tutto. Contenuti interattivi, scrittura, visual, grafici, mappe, statistiche. In pratica è un mini sito monopagina che racconta una storia. Dopo averlo letto ti viene voglia di guardare la serie (cosa che già faccio).
E dovrebbe essere così il native advertising: la qualità che vince sopra ogni altra cosa. Gli investimenti, però, sono importanti.
Seven Seas e The Telegraph
Un modo diverso per fare native advertising: non paginoni e banner evidenti ma una sezione del quotidiano The Telegraph discreta e poco rumorosa. L’argomento principale: le buone notizie, condite da pensiero positivo e dal benessere. Sì, c’è il banner che porta al nome dell’azienda e al sito. Questo è il concetto base, ma al centro ci sono i contenuti.
Contenuti che si ritrovano nei valori base dell’azienda. Una realtà che si occupa da anni allo sviluppo del benessere e della salute delle persone. Negli articoli non ci sono riferimenti ai prodotti e ai servizi, ma si insinua l’idea: questo è sponsorizzato da un’azienda che si prende cura di me. E non è un passaggio così banale: www.telegraph.co.uk/good-news.
The Mindy Project e Apartment Therapy
Un progetto di native advertising differente rispetto al classico testo con immagini e video. Qui puoi visualizzare gli arredi secondo combinazioni definite e interagire con il visual. ogni elemento ha un link che porta a un prodotto. Prima, però, viene visualizzata l’anteprima. Guarda: www.apartmenttherapy.com.
Questa è una delle caratteristiche che si ritrovano in molti esempi di native advertising: la capacità di coinvolgere il pubblico e richiamarlo all’azione. In questo caso a scegliere e valutare gli oggetti dell’arredo. Un modo interessante per fare branded content!
Airbnb e New York Times
Sempre tra gli esempi di native advertising di successo c’è il New York Times che ha pubblicato un altro grande contenuto. Questa volta, però, il brand è Airbnb e l’argomento è piuttosto attuale: Ellis Island nel periodo in cui era il punto di riferimento per l’immigrazione e il multiculturalismo in America.
Il motivo è semplice: in questo caso non ti trovi di fronte un articolo o una pagina web: c’è un vero e proprio sito che ti aspetta. Con tutti i contenuti utili per immergerti in quella situazione: video, audio, interazione e mappe. Tutto questo è l’esempio di native advertising che preferisco e che condivido.
Esempi di native advertising: la tua esperienza
Questi casi virtuosi di native advertising devono farti ragionare su un punto: il content marketing non riguarda solo la scrittura in senso classico. Ogni pubblicazione che ho elencato in questo articolo abbraccia esercizi che abbracciano design, visual, codice, inventiva. Queste sono le regole da accettare per avere l’attenzione del pubblico.
Qui non si tratta di scrivere guest post striminziti o comunicati stampa per ottenere qualche link in ingresso. Il native advertising non lavora per questo, non ha bisogno di nascondere la relazione tra contenuto è brand. Si concentra sul creare il miglior lavoro possibile per le persone che si devono raggiungere. Sei d’accordo con questo punto di vista? Lascia le tue impressioni nei commenti.