Chi non ha mai sentito parlare di Pokemon Go? Sicuramente tutti noi conosciamo o abbiamo incrociato qualcuno intento a giocare con i mostriciattoli sul suo Smartphone. Sicuramente molti hanno usato questo gioco e molti altri l’hanno disprezzato. Ora che l’estate è finita e il fenomeno si sta sgonfiando, quindi, tentiamo di analizzarlo per vedere se possiamo trarne qualche insegnamento.
Pokemon Go è una app pensata per sfruttare tutte le nuove tecnologie “social” disponibili negli smartphone e garantire quindi un’esperienza immersiva e di coinvolgimento maggiore. GPS, fotocamera, mappe e realtà aumentata servono infatti per poter “andare a caccia di Pokemon” nella vita reale. L’utente apre l’app e muovendosi e camminando per le strade della propria città può trovare i mostri che si aggirano e vengono segnalati dall’app (nella mappa virtuale). A quel punto, grazie alla fotocamera, il giocatore vede il Pokemon inserito nel proprio contesto urbano (in realtà aumentata) e può tentate di prenderlo lanciandogli delle sfere pokè dal display dello smartphone.
Il gioco si sviluppa quindi con un approccio social grazie a punti di interesse come i Pokestop (dove poter ricaricarsi di sfere e altri oggetti) e le palestre, all’interno delle quali poter sfidare gli altri giocatori e diventare quindi più forti.
Pokemon Go non è nulla di nuovo, eppure….
Il gioco in sé non è nulla di rivoluzionario, e integra delle tecnologie che esistevano già da tempo in altre applicazioni, con modalità di gioco simili. Tuttavia la reazione (inattesa dagli stessi sviluppatori, considerati i problemi sui server) è stata quella di un vero e proprio fenomeno di massa, assimilabile probabilmente a quello che è stato, su un altro piano, l’iPhone rispetto agli smartphones o Windows95 per i computer.
Insomma, Pokemon Go è riuscito a rendere mainstream delle tecnologie che erano tutte già presenti e portarle all’attenzione di un pubblico di massa, oltre la ristretta cerchia di “addetti ai lavori”.
L’elemento di novità di Pokemon Go, rispetto agli esempi prima elencati, è quello di essere riuscito a rendere mainstream comportamenti “strani” che venivano spesso considerati come antisociali o relegati al mondo “nerd”. Utilizzare il telefono per giocare, e per giocare in mezzo alla strada, non è un tipo di comportamento che fino ad oggi poteva essere considerato usuale, eppure abbiamo visto masse di persone riversarsi in Central Park perché era apparso un Pokemon raro.
Perché Pokemon Go è un gioco diverso dagli altri
Allora qual è il motivo per il quale questa particolare app è riuscita là dove nessun’ altro gioco per smartphone era riuscito nell’intento?
Il segreto del successo è stato quello di basarsi su un background culturale comune, sfruttando un fenomeno video-ludico degli anni novanta in grado ancora oggi di attirare l’attenzione di quella fascia di popolazione fra i venti e i trent’anni che può, grazie al passaparola e all’uso dei social, attirare l’attenzione generale.
È l’effetto nostalgia, amplificato dal fatto che tale effetto è condiviso con una larga parte per proprio gruppo amicale e generazionale. Questo ha trasformato un’applicazione per bambini in un fenomeno di massa.
Va bene, ma a me a cosa serve saperlo?
Conoscere il motivo per cui questa applicazione è diventata in breve tempo un fenomeno di massa virale serve a comprendere come funzionano i meccanismi di adozione delle mode e poterli sfruttare per adottare delle strategie più efficaci ed efficienti sui social network, quando dovremo lanciare nuovi prodotti o servizi.
Utilizzare a nostro vantaggio dei riferimenti culturali condivisi, specialmente se circoscritti ad una generazione, può essere una valida strategia di marketing, in grado di fare la differenza fra il successo e l’insuccesso.
Il nostro consiglio? Non forzare l’accostamento, ma se hai la concreta possibilità di sfruttare l’effetto nostalgia, cavalcalo per rendere virali le tue campagne sui social!