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Gli avvenimenti e le ricorrenze presenti nel nostro calendario orientano i nostri consumi, influenzati inevitabilmente dalle nostre abitudini di consumo.

I marketers hanno un calendario produttivo ben definito e che ogni tanto si arricchisce di nuovi segni rossi: commemorazioni e appuntamenti che servono per creare nuove opportunità di business.

Ormai esiste un’agenda condivisa che, fatte salve feste e ricorrenze di nicchia, scandisce i nostri consumi in ogni periodo dell’anno: da San Valentino alle feste della Donna, del Papà e della Mamma; dalla Pasqua alta o bassa ai ponti primaverili; dallo svago dell’estate al ritorno a scuola; dal celtico Halloween allo statunitense Black Friday.

Ma di tutte le feste, la capostipite è il Natale: la festa per eccellenza che impegna le nostre menti per quasi due mesi l’anno!

Oh! Oh! Oh! Natale sta arrivando

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Natale è alle porte, ma da metà ottobre. Quest’anno la prima settimana di ottobre in un supermercato ho trovato i dolcetti di Halloween in saldo e nello scaffale successivo i primi dolci natalizi.

Il periodo natalizio è di cruciale importanza per la chiusura dei bilanci: i consumi delle famiglie subiscono un’impennata tra addobbi, regali e prelibatezze gastronomiche.

Ogni anno i media ci introducono con prepotenza nell’atmosfera natalizia, sempre più precocemente. La crisi negli ultimi anni ha accentuato poi la corsa delle aziende per accaparrarsi il sempre più esiguo budget per i regali.

Se qualche anno fa case e città venivano addobbate a partire dall’Immacolata, ormai negozi ed attività mettono la livrea rossa e dorata appena termina la festività di Ognissanti.

Io poi che ho tra i contatti sui social svariati copywriter e social media manager, leggo di gente che non ne può più del clima natalizio già da fine novembre!

Le motivazioni degli acquisti natalizi

Natale è sempre più una festa consumistica, ormai debolmente legata dal suo aspetto religioso: troviamo le rappresentazioni del Bambino Gesù soltanto nei presepi mentre vetrine, spot e addobbi sono monopolizzati dalla giovialità di un vecchio sorridente, santo anche lui in un tempo che fu.

Il potere commerciale del Natale è riassunto tutto nella sua icona, Babbo Natale. La tradizione (ebbene sì, ormai è tradizione!) vuole che sia stata Coca Cola a trasformare il vecchio San Nicola in Santa Klaus da rispettabile religioso a buffo vecchietto vestito in maniera stravagante.

Perché un po’ di luci, melodie e colori possono portarci a spendere di più? Perché i brand allestiscono lo spettacolino del Natale per noi?

Quali sono gli aspetti psicologici che ci portano a vivere in maniera diversa questo periodo?

Esistono vari studi e ricerche scientifiche che hanno esaminato l’influenza dell’atmosfera natalizia sul nostro comportamento e che spiegano il perché tale clima ci renda più propensi alla spesa: vediamo quali sono i principali fattori.

L’emozione vince sulla ragione

Il primo fattore che contribuisce ad alleggerire le nostre tasche è l’aspetto emozionale del Natale: siamo tutti più buoni, tutti si vogliono bene, tanta felicità, serenità, calore, affetto, ecc.

Finché in noi predomina la nostra parte razionale, riusciamo a focalizzarci sul valore economico e reale degli oggetti.

Nel momento in cui prende il sopravvento la nostra parte emotiva, non valutiamo più l’aspetto razionale dell’acquisto, ma il bisogno che soddisfa quel determinato bene in quel determinato momento.

Ed è in questo momento che non ci focalizziamo più sul prezzo e ci rendiamo conto della spesa sostenuta solo quando siamo di fronte all’estratto conto.

Si tratta della differenza tra il valore economico e il valore funzionale, di cui vi ho già parlato approfonditamente in questo articolo.

E se c’è un periodo dell’anno in cui facciamo acquisti sommersi da stimoli che ci sovraccaricano emozionalmente, questo è proprio Natale: uno dei vari studi sul fenomeno ha ad esempio trovato che la musica natalizia aumenta la quantità di merce che compriamo; e l’udito è solo uno dei sensi coinvolti nel processo d’acquisto.

La ritualità e le abitudini

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Un altro aspetto che influisce sulle dinamiche comportamentali legate allo shopping è l’instaurarsi delle abitudini d’acquisto: ci sono determinati prodotti o servizi che siamo soliti acquistare in determinati contesti, associati a schemi comportamentali e rituali.

Ci basti pensare ai popcorn che compriamo sempre quando andiamo al cinema, alla pausa caffè con i colleghi in quel preciso bar e così via.

Il periodo natalizio è un insieme di comportamenti che perpetuiamo fin da quando siamo piccoli e che si ripetono negli anni per diventare dei riti: fare l’albero con le stesse persone ed ogni anno aggiungere un nuovo personaggio nel presepe; mangiare quel determinato dolce perché è tradizione; il pranzo della vigilia a base di pesce e il giorno dopo carne (almeno al sud Italia); Una poltrona per due e Last Christmas dei Wham; ecc.

Tutte queste abitudini sono manna caduta dal cielo per le aziende: un semplice modo per prevedere i trend di consumo di anno in anno.

Riti e abitudini ci danno un senso di sicurezza e stabilità con la loro familiarità. Possiamo tranquillamente sostenere che la stessa tranquillità e sicurezza viene trasmessa anche ai marketer perché conoscono in anticipo e con buona approssimazione ciò che avverrà sul mercato.

L’allegria e la condivisione

Il clima natalizio fa leva sui nostri buoni sentimenti e ci immette in un clima in cui la fanno da padrone le emozioni positive: allegria, gioia, felicità e buonumore!

Tutta la surreale atmosfera che riempie le nostre giornate finisce in linea di massima per coinvolgerci e ci ritroviamo anche noi con un umore positivo indotto dagli stimoli esterni e dalle persone che ci sono intorno.

La volontà di stare bene e insieme agli altri aumenta lo spirito di condivisione che è già tipico della nostra specie: ogni occasione è buona per passare del tempo insieme e anche qui aumentano le occasioni di consumo: doni a volontà, brindisi a profusione, abbuffate di gruppo.

Sarà tutto questo essere più buoni a metterci fame, sarà che “non hai ancora finito coi regali di Natale?”, ma ci si ritrova con la pancia piena, il cuore pure, le tasche un po’ meno.

L’altruismo dei regali natalizi

Un altro aspetto che mina i nostri bilanci familiari alla fine dell’anno è l’altruismo per cui ci ritroviamo a fare e ricevere doni da tutti coloro che ci circondano.

Ho evidenziato il termine altruismo perché più che pura e mera voglia di offrire qualcosa agli altri, spesso è soltanto un atto dovuto o un’abitudine che va onorata.

Fatto sta che, senza entrare nel profondo delle motivazioni psicologiche per cui facciamo doni a chicchessia, ci troviamo a regalare gioielli, cravatte, pigiami, pantofole, giochi e strenne di vario genere.

Buona parte della florida economia del Natale ruota intorno alla miriade di pacchi e pacchetti che iniziamo ad accumulare dal Black Friday, abitudine importata dalle aziende ma tanto apprezzata dall’utenza, fino alle corse disperate dell’ultimo minuto.

A Natale puoi…

In fondo però tra le varie ricorrenze quella natalizia è comunque forse la più gradita, nonostante gli inviti esasperanti e interessati dei brand all’acquisto compulsivo.

Una festa di luci e colori che scaldano l’animo, ma soprattutto una festa di vicinanza con gli altri.

Se sentite quindi Bublé in sottofondo e se le lucine scintillano ogni dove, allora lasciatevi andare e condividete questo momento con le persone a voi care.

E pazienza se l’estratto conto di fine anno vi lascerà un po’ di amaro in bocca; non è quello a renderci felici!


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Quali sono i fattori psicologici che ci spingono a comprare prodotti a Natale? Quali i meccanismi per cui la ragione viene sopravanzata dall'emozione?
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Leevia
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