Il funnel è un percorso a più step che il consumatore o il cliente di un’attività attraversa prima di arrivare ad effettuare un acquisto di un bene o servizio offerto.
Di norma ogni vendita comincia con un numero di clienti potenziali decisamente maggiore rispetto a quelli che effettivamente compreranno, in questo scenario il funnel gioca un ruolo fondamentale perché aiuta a tenere traccia della percentuale di contatti che arrivano a comprare e ovviamente anche la percentuale di chi non lo fa, nonché i vari stadi in cui queste persone possono interrompere il proprio processo d’acquisto.
I funnel sono particolarmente utili quando si tratta di tracciare siti ecommerce, landing pages o comunque siti che possono portare ad una vendita, in quanto questi permettono di effettuare un confronto diretto tra i costi sostenuti (come ad esempio possono essere i costi pubblicitari) e quelli generati dalle vendite.
Le parti che compongono un funnel
Come detto poco fa un funnel è diviso in più parti ed il numero di queste parti dipende dal tipo di business, così come da esso dipende quello che succederà durante queste fasi: un funnel B2B, ad esempio, rispetto ad uno B2C sarà probabilmente caratterizzato da un numero minore di ingressi nella parte alta del funnel (noto anche come “TOFU” acronimo di “Top of the funnel”) e da un maggior grado di attenzione all’utente e personalizzazione dell’offerta durante le fasi successive.
Nonostante queste differenze che si possono riscontrare, generalmente i funnel si rifanno ad un modello standard che è composto da quattro fasi, come vedremo qui di seguito:
- Awareness: è la prima fase del funnel, quella che vede il passaggio del massimo numero di utenti, in pratica tutti quelli che si sono riusciti a catturare con azioni di acquisizione utente, come per esempio possono essere le azioni di inbound marketing, le pubblicità a pagamento, i post sui social network…
Questa fase del funnel rappresenta il primo contatto con l’utente e per questo è definita di “awareness”: è il momento in cui ci si fa conoscere e in cui serve catturare l’attenzione. Una buona fetta degli utenti catturati uscirà dal funnel durante questa fase, ma potrà comunque ricordare quanto visto ed effettuare un acquisto in un secondo momento, oppure fare passaparola con i propri contatti.
In questa fase sarà già possibile iniziare a ricevere dei leads, ma questi ovviamente saranno meno qualificati rispetto a quelli acquisibili negli step successivi del funnel.
- Interest: è la seconda fase del funnel, il momento in cui un utente comincia a dimostrare il proprio interesse chiedendo informazioni sull’azienda o su quanto offerto, per capire se faccia al caso loro o meno. La produzione di leads in questa fase è ovviamente maggiore rispetto a quella precedente, nonché di una maggiore qualità dovuta ad un grado di interesse più profondo da parte dell’utente.
- Decision: è la terza fase del funnel, il momento in cui l’utente deve effettuare la propria scelta riguardo l’acquisto. Questa è la fase in cui vengono solitamente fatte le offerte di vendita o viene presentata una demo del prodotto.
I contatti generati durante questa fase sono altamente qualificati e solitamente vengono gestiti direttamente dai reparti commerciali o di vendita, in modo che si spostino verso la fase finale del funnel. - Action: è la parte finale del funnel, il momento in cui l’utente decide di acquistare il prodotto/servizio. In questa fase è importante che la vendita decorra senza intoppi e che lasci il cliente soddisfatto, per auspicare un suo reinserimento nel funnel e ritorno all’acquisto.
Esiste infine un ultimo passaggio del funnel, che però avviene post acquisto e questo passaggio è quello di Advocacy.
Creare advocacy significa portare i propri consumatori a parlare positivamente del prodotto/servizio comprato, di chi l’ha venduto o della propria esperienza d’acquisto; ricevere una raccomandazione è il miglior modo per vendere qualcosa, quindi è essenziale stimolare l’advocacy dopo aver portato un utente fino alla fine del funnel.
Come usare i funnel nel tracciamento di campagne
Uno dei metodi migliori per sfruttare i funnel è usarli per tracciare campagne di ogni genere, specialmente quelle di advertising, e calcolarne il ROI.
Ogni volta che una campagna prende vita si possono individuare varie voci di costo, come quelle relative al tempo-lavoro delle risorse impegnate in essa, quelle di spesa diretta nelle campagne PPC… di norma queste voci di costo si concentrano soprattutto nella parte alta del funnel e trovano una controparte negli output che si hanno nella parte bassa del funnel (BOFU).
L’output primario da considerare per il calcolo del ROI di una campagna è ovviamente quello economico, ovvero quanti soldi sono stati generati alla fine del funnel tramite le vendite. Il calcolo del ROI qui è semplice e diretto e può farci capire se la nostra campagna sia stata economicamente vantaggiosa e in che misura lo sia stata.
Oltre a quello economico ci sono anche una serie di altri output che è necessario considerare nel momento in cui si svolge questo calcolo e questi possono essere ad esempio il numero di visite ricevute nella landing page/squeeze page di turno, il numero di lead generati ed il numero di prospect con cui si è avviata una trattativa. Quello che sarà necessario fare, avendo chiaro l’input monetario e tutti gli output generati, è attribuire un valore a queste visite e a questi lead, anche quando alla fine non hanno comprato.
Perché valutare comunque questi output se non hanno contribuito a generare valore economico? Semplice: perché non tutti i ricavi sono diretti e perché in una strategia di lungo periodo non sono solo le vendite immediate a contare.
Facciamo l’esempio di una persona che ha cliccato su una pubblicità atterrando sulla nostra landing page, lasciando il proprio contatto, ma senza poi aver effettuato un acquisto: ci ha generato così un costo a monte senza generare valore monetario a valle, ma questo non significa che non abbia generato del valore.
Quella persona avendo visitato la landing page si è informata sul nostro prodotto e potrebbe parlarne con alcuni dei suoi contatti; allo stesso tempo ci ha lasciato il suo indirizzo email e questo significa che, oltre ad aver apertamente dimostrato interesse verso quello che abbiamo da offrire, continuerà a ricevere dei reminder della nostra esistenza a mezzo newsletter (sempre che non abbia ricusato la ricezione di comunicazioni da parte nostra) e a distanza di tempo potrebbe effettuare un acquisto.
Quando si effettua il calcolo del ROI di una campagna in cui si sfrutta un funnel di conversione, un ultimo fattore da tenere bene a mente sono i secondi acquisti: nel CRM è importante tracciare sempre la fonte che ha creato un determinato lead, in quanto questo ci consentirà di valutare non solo l’acquisto creato direttamente dalla campagna, ma anche di capire da dove provengano i nostri clienti fidelizzati.
L’importanza dell’analisi
Quando lavoriamo con i funnel è importante cercare un approccio il più data-driven possibile, non solo per capire se una data campagna abbia prodotto dei risultati o meno, ma soprattutto a monte per ottimizzarla e assicurarsi che questi risultati arrivino.
Molte volte chi lavora coi flussi non vedendo arrivare i risultati sperati dalle proprie campagne, invece che concentrarsi nell’ottimizzazione delle singole parti del flusso e aumentare così la percentuale delle persone che arrivano all’acquisto, aumenta il budget della campagna che sta a monte al funnel per aumentare il numero di persone che vi entrano (e quindi di conseguenza anche quello di chi comprerà).
Questo tipo di approccio per quanto facile da attuare è decisamente errato, non solo perché si potrebbero aumentare i risultati tramite l’ottimizzazione senza andare ad aumentare la spesa, ma anche perché ciò significa investire su un qualcosa di non totalmente funzionale, invece di risparmiare budget e investire solo una volta che il flusso sia stato tirato a lucido, ottenendo risultati esponenzialmente maggiori.
Per ottimizzare un funnel è bene tenere sempre sotto controllo le modalità di flusso al suo interno da parte dei nostri acquirenti potenziali, capendo se ci siano passaggi nei quali questi si bloccano o abbandonano del tutto il processo di acquisto; una volta individuati questi passaggi problematici quello che dovremo fare è operare della Conversion Rate Optimization (CRO), ottimizzando le singole parti del funnel ed il flusso al suo interno, con un conseguente, probabile, aumento delle vendite.
Fare conversion rate optimization significa capire quali ostacoli le persone possono trovare nel processo di acquisto contenuto nel funnel e andarli a rimuovere, così come significa andare a migliorare ulteriormente quello che già funziona.
Le cose che si possono ottimizzare sono veramente tante e variano da caso a caso, così come possono essere vari i risultati dell’ottimizzazione: a volte con una piccola modifica si potrebbe verificare un aumento consistente della % di conversione, così come altre volte i cambiamenti alla conversion rate potrebbero essere nulli o appena percettibili.
Per capire quali parti possano necessitare della nostra attenzione per essere ottimizzate, alcune metriche dirette ed indirette che consiglio di tenere sempre in considerazione sono le seguenti:
- Numero di utenti entrati nel funnel
- Numero di leads generati
- Numero di utenti arrivati fino alla fine del funnel (acquisto)
- % di utenti portati dall’inizio fino alla fine del funnel
- % di acquisto rispetto alla totalità dei lead generati
- % di rientri post uscita senza acquisto
- % di rientri nel funnel post acquisto (secondi acquisti)
- Tempo medio necessario per attraversare tutto il funnel
- Tempo medio di permanenza degli utenti in ogni step del funnel
- Indice di dispersione per ogni step del funnel
Nel momento in cui si effettua la raccolta dei dati necessari all’analisi pre ottimizzazione, una buona norma è segmentarli prima di raccoglierli e analizzarli. Oltre al segmento base, rappresentato dall’insieme di tutti quelli che sono entrati nel funnel, la segmentazione più importante da fare è quella tra chi è arrivato fino al suo termine e chi invece vi si è perso all’interno. Capiremo quindi ad esempio quale sia il tempo medio di permanenza nel vari step di chi alla fine compra e quello di chi non compra, potendoli comparare tra loro.
Dal primo segmento, ovvero quello degli utenti che sono arrivati fino all’acquisto, capiremo quali sono le cose vincenti del nostro flusso, viceversa dal secondo segmento capiremo quali sono le cose che non funzionano e che ci converrà andare a cambiare o ottimizzare se vogliamo aumentare le vendite.
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