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La tecnica dell’IP targeting: cos’è e l’impatto che l’introduzione della GDPR ha avuto su di essa su suolo europeo.

La metodologia dell’IP targeting in ambito di pubblicità digitale esiste già da vari anni e viene sfruttata da vari marketers, specialmente in ambito di account-based marketing B2B.

Cos’è l’IP targeting

L’ IP targeting è un tipo di profilazione degli utenti estremamente potente, che permette di mostrare i propri annunci pubblicitari o inviare le proprie newsletter solo alla persona o alla cerchia di persone che sta utilizzando un determinato indirizzo IP. Generalmente sia per limiti tecnici che per limiti di privacy il targeting non avviene su singolo IP, ma su di un intervallo di IP. L’IP targeting si differenzia dal GEO targeting perché mentre nel primo caso il marketer sta cercando di colpire un singolo individuo o azienda con i propri messaggi, nel secondo caso invece il target è molto più ampio e si basa sulla presenza di un utente su un dato territorio. L’IP targeting esce così dai confini della segmentazione degli utenti fatta sulla base dei loro dati demografici, dei loro comportamenti o della loro posizione geografica, e si rivolge ad un target ben specifico di persone e non semplicemente ad un target profilato.
Le conseguenze dirette di questo tipo di targeting sono:

  • L’abbassamento dei costi pubblicitari, in quanto effettivamente solo chi sta navigando in quel dato intervallo di IP vedrà il nostro annuncio, diminuendo così il numero delle impressioni;
  • L’innalzamento del tasso di conversione, in quanto gli annunci verranno visti da persone o aziende selezionate e con un effettivo interesse verso ciò che viene pubblicizzato;
  • L’innalzamento del ROI, dato dalla combinazione tra l’abbassamento dei costi e l’aumento del tasso di conversione.

Come funziona l’IP targeting

Gli utilizzi delle tecnologie basate sull’IP fatti finora in ambito marketing sono principalmente due:

  • Il primo utilizzo è appunto l’IP targeting, ovvero sfruttare la conoscenza dell’indirizzo fisico dei propri consumatori o di una serie di aziende di interesse commerciale per rintracciarne l’IP, al fine da fargli visualizzare in seguito un dato contenuto;
  • Il secondo utilizzo è quello di sfruttare i cookies per tracciare l’indirizzo IP di un visitatore del proprio sito internet o landing page, per cercare in seguito di risalire all’azienda da cui proviene quella data visita o alla posizione geografica approssimativa dell’utente.

Nello specifico caso dell’IP targeting è necessario fare affidamento ad un servizio specializzato fornendogli la lista delle aziende a cui ci si vuole pubblicizzare, o la lista degli indirizzi fisici presenti nel proprio CRM; il servizio in questione, utilizzando un sistema di mappatura IP, cercherà quindi delle corrispondenze con la lista fornita, individuando l’intervallo IP associato a quelle aziende o a quegli indirizzi fisici e procedendo poi a far visualizzare gli annunci.

Possibili utilizzi dell’IP targeting

Come ho accennato a inizio articolo la tecnica dell’IP targeting trova il suo principale uso nel marketing B2B, anche se in alcuni casi può essere utilizzato anche per il marketing B2C. Alcuni esempi di possibili utilizzi dell’IP targeting sono:

  • Agenzie e aziende B2B potrebbero far vedere le proprie pubblicità a tutti quelli che lavorano dentro un’azienda target;
  • Agenzie e aziende potrebbero far vedere la propria pubblicità alle persone presenti ad una fiera del loro settore;
  • Un negozio o un ristorante potrebbero targettizzare tutti i consumatori che si connettono alla rete wifi di un negozio/ristorante concorrente.

I limiti dell’IP targeting

La precisione e la concretezza degli strumenti e dei servizi professionali di reperimento dell’IP e di IP targeting non è mai stata il massimo, anche se anno dopo anno la loro accuratezza sta aumentando.
Questi limiti esistono perché non sempre è possibile rintracciare l’intervallo di IP su cui un’azienda opera realmente, nemmeno tramite l’utilizzo dei sopracitati software specifici o servizi specializzati, questo succede per vari motivi:

  • Molte aziende sfruttano VPN;
  • Spesso le aziende sono dotate di servizi di protezione che le difendono dagli IP tracker;
  • I dispositivi che si collegano ad una rete potrebbero utilizzare IP dinamici.

IP targeting e GDPR

Una delle maggiori preoccupazioni dei marketers quando sentono parlare di IP targeting è in relazione alla sua intrusività e agli aspetti legati alla privacy e alla nuova famigerata GDPR, dove tra il legale e l’illegale spesso c’è solo una linea sottile.

Prendendo in esame l’art. 4 della GDPR (l’articolo delle definizioni) vorrei soffermarmi su due paragrafi in particolare, ovvero il primo ed il quarto.

Nel primo paragrafo definisce come dato personale:

qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale.

Il quarto paragrafo dell’art.4 definisce invece come profilazione:

qualsiasi forma di trattamento automatizzato di dati personali consistente nell’utilizzo di tali dati personali per valutare determinati aspetti personali relativi a una persona fisica, in particolare per analizzare o prevedere aspetti riguardanti il rendimento professionale, la situazione economica, la salute, le preferenze personali, gli interessi, l’affidabilità, il comportamento, l’ubicazione o gli spostamenti di detta persona fisica.

Dalla lettura di questi due paragrafi possiamo quindi capire che:

  • I concetti di dati personali e profilazione si riferiscono a persone fisiche;
  •  Un indirizzo IP può diventare un dato personale se combinato ad altre informazioni su un individuo per riuscire a ricostruirne un profilo, rendendo così la persona identificabile;
  • L’ubicazione di una persona è giustamente considerato come un dato personale e indice di profilazione.

Nel caso in cui l’IP targeting venga utilizzato a partire dagli indirizzi dei contatti presenti nel proprio CRM, chi vi fa ricorso sta ovviamente trattando dei dati personali e deve aver quindi acquisito precedentemente il consenso dei diretti interessati.
Nel caso invece in cui l’IP targeting venga utilizzato per fare pubblicità mirata a chi si collega ad una data rete, come per esempio una rete aziendale o quella di fiere e convegni, il caso è differente in quanto l’intervallo di IP non può essere utilizzato per rendere qualcuno identificabile.
È importante a questo punto sottolineare come in quasi tutti i casi la metodologia dell’IP targeting non necessiti né preveda l’installazione di cookies nel browser degli utenti, andando così ad escludere la possibilità che i dati di un utente (tra cui il suo indirizzo IP) possano essere utilizzati per rendere la persona fisica identificabile. Quello su cui si basa l’IP targeting non è infatti il processamento dei dati personali di un individuo, ma piuttosto l’analisi dell’infrastruttura network dei providers, dai quali viene estratto non un indirizzo IP specifico, ma un intervallo di indirizzi IP.

In conclusione direi che le metodologie di IP targeting, giunte al grado di maturità al quale sono arrivate, possono essere un buon modo per differenziare la propria strategia di pubblicità online e, una volta prese le dovute precauzioni, sembrerebbero “GDPR Ready” e quindi adottabili anche su suolo europeo.


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Descrizione
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Leevia
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