Il Marketing sensoriale si può definire come il Marketing che è in grado di coinvolgere i sensi dei consumatori e di influenzare la percezione, il giudizio e il comportamento di questi.
Questo tipo di attività promozionale nasce con l’esigenza di andare oltre gli slogan urlati e le battaglie al ribasso dei prezzi:si prefigge l’obiettivo di far toccare con mano e pregustare l’experience che il bene in vendita può dare al consumatore.
Avere un coinvolgimento sensoriale ed emotivo sarà la leva che spingerà l’acquirente a scegliere un brand anziché un altro.
Un prodotto di successo deve saper attivare i nostri sensi, deve eccitarci e provocare reazioni viscerali: deve farci emozionare e renderci felici di avere una relazione con il brand.
Ma come può un prodotto farci sentire le farfalle nello stomaco?
Il naming: quando le qualità vengono suggerite
Il primo semplice modo per esaltare le peculiarità che crediamo possano caratterizzare il nostro prodotto è declamarle nel nome stesso che attribuiamo alla nostra creatura commerciale.
Inserire nel naming riferimenti alle proprietà salienti di ciò che si propone alla clientela rafforza l’idea nella nostra mente.
Ad esempio la svedese ICA Sverige AB ha rinominato le Arance della Florida in Arance Succose e il Filetto di Spigola in Filetto Succulento.
Anche il payoff è importante: suggerisce in breve ciò che caratterizza il nome del marchio o del prodotto.
Due esempi su tutti:
- Volksvagen – Das auto: L’Auto, non una qualunque;
- FC Barcelona – Més que un club: non una semplice squadra di calcio, ma molto di più!
Basta un po’ di fantasia, di audacia e qualche milionata di euro per francobollare un’etichetta che aumenterà il valore di ciò che si offre.
Percezione e sensazione
Bisogna fare però una distinzione tra la percezione e la sensazione.
La sensazione è lo stimolo chimico e neurologico che ci giunge dai nostri organi di senso; può essere influenzato dalle caratteristiche fisiche degli oggetti.
La percezione è invece la consapevolezza e la comprensione dello stimolo sensoriale: cioè il modo in cui elaboriamo ciò che proviene dai nostri recettori sensoriali.
Il buon marketer può quindi lavorare su due livelli: migliorare le caratteristiche sensoriali che i prodotti offrono alle nostre terminazioni sensoriali e condizionare il modo in cui li processiamo.
Condizionare non vuol dire manipolare il nostro modo di percepire l’ambiente circostante: non sarebbe etico e nemmeno fattibile andare a modificare il nostro modo di comprendere il mondo.
Ma il nostro sistema operativo mentale ha dei bug ormai noti: le euristiche di pensiero.
Fare leva sulle nostre scorciatoie mentali può aumentare il valore percepito del bene che vendiamo.
L’esempio più eclatante della possibilità di influire sulla nostra capacità di percezione è uno dei principi basilari del pricing: attribuendo a un prodotto un valore economico superiore a quello dei prodotti simili, automaticamente lo faremo percepire come di qualità maggiore.
Il tatto
Il tatto è uno dei sensi maggiormente sottovalutati. Si tende ad attribuire una maggiore importanza alla vista e all’udito in quanto sono i canali privilegiati della comunicazione.
Ma noi siamo in grado di sentire con tutto il nostro corpo: stimoli doloriferi, caldo e freddo, morbidezza e durezza, ecc.
Molta della qualità percepita passa dalla sensazione tattile: la gradevolezza di un tessuto, il calore del legno rispetto alla plastica, la consistenza della scocca delle auto o degli elettrodomestici, il sentire qualcosa che ci calza a pennello…
In un mondo in cui la nostra attenzione è diminuita a causa del bombardamento di stimoli sensoriali ed acustici, il tatto può essere un ottimo alleato per trasmettere sensazioni che restano perlopiù inconsce, ma che hanno una efficacia non trascurabile.
Il gusto
Il gusto è sicuramente uno dei sensi che meno coinvolge nel processo d’acquisto: a meno che non si faccia assaggiare il prodotto, è difficile stimolare le papille gustative. Ci sono determinate categorie di prodotti e beni a cui risulta difficile associare uno specifico gusto.
Può essere però coinvolto raccontando una storia: attraverso un buon storytelling si può riportare alla memoria un gusto particolare, agendo sulla percezione si può ravvivare il desiderio di uno stimolo sensoriale.
Oppure il gusto può essere un alleato che fa scaturire sensazioni e percezioni particolari e condurre all’acquisto di beni differenti da quelli alimentari: la petite madeleine di Proust gli riportò alla mente ricordi d’infanzia; se ci fosse stato un marketer nei paraggi forse gli avrebbe proposto l’acquisto di un pezzo di antiquariato.
La vista
La vista è il più usato tra i nostri sensi: nei centri commerciali veniamo sommersi da stimoli visivi, e ciò non sempre è positivo per gli affari.
Il nostro cervello tende a classificare gli stimoli visivi ripetitivi come rumore di fondo, bisogna essere in grado di differenziare la propria comunicazione da quella degli altri.
La scorsa settimana ho visto due negozi adiacenti di due diversi marchi promuovere i saldi in vetrina con le stesse modalità: manichini abbigliati con magliette con la scritta saldi e i colori bianco e rosso.
Il rosso è senza dubbio un colore che attira la nostra attenzione, ma l’utilizzo miope che ne è stato fatto ha reso i due negozi praticamente uguali. Dopo aver notato queste magliette anonime, il mio sguardo ha proseguito altrove la sua corsa: non ho visto il loro prodotto (perché non vendevano magliette rosse con la scritta saldi) e nemmeno ricordo i brand.
Spesso la regola per colpire il nostro sguardo è “meno è meglio“: nell’abbondanza di colori e stimoli, una comunicazione visiva minimale può attrarre lo sguardo proprio per l’assenza di uno stimolo: nella trama di una maglietta monocolore un buco nel tessuto salta subito agli occhi!
L’udito
Qui si replica il discorso precedente: l’abuso della nostra funzione uditiva non sempre è positivo.
Quante volte passeggiando tra i negozi avete avuto l’impressione che qualcuno stesse giocherellando con la manopola della radio?
Molte catene hanno creato una propria radio che propongono nei loro store e che trasmette la musica che secondo i loro marketer si sposa con i valori del brand e soprattutto i propri messaggi: un’ottima operazione di branding, ma solo nel momento in cui lo stile della propria comunicazione sonora è unico e riconoscibile!
L’udito quindi è sicuramente un buon alleato, a patto di riuscire a sfruttarlo bene.
Inoltre la sensazione sonora non interviene solo nella musica e negli spot vocali: spesso sono i dettagli sonori a fare la differenza. Il caso da manuale in tal senso sono il rumore della portiera dell’auto che trasmette la sua robustezza e la croccantezza dei corn flakes che rumoreggiano nella confezione.
L’olfatto
La consapevolezza dell’importanza dell’olfatto nel marketing sta emergendo con prepotenza negli ultimi anni, visto l’abuso che si è fatto degli altri canali sensoriali.
Ma lo stimolo olfattivo non è solo un modo per differenziare la comunicazione rispetto agli altri sensi mainstream: evolutivamente l’olfatto è stato molto importante per la sopravvivenza.
Sentiamo il sapore dei cibi prima di assaggiarli attraverso il naso, sensazioni di attacco-fuga e stimoli legati alla sopravvivenza ci influenzano a livello inconscio, ci sono odori che ci attirano o repellono e che vengono vaporizzati per influenzare le nostre decisioni.
Il profumo del pane diffuso nei supermercati è ormai una delle basi del marketing sensoriale.
Gli ettolitri di profumo che la commessa di Victoria’s Secret mette sul pacchettino con lo slip da 40 euro servono a forgiare l’experience e lo stesso vale per i negozi Abercrombie & Fitch o Lush: li annusi a diversi isolati di distanza!
La sensorialità del web
Ma se per i marketer tradizionali è semplice riuscire a coinvolgere i consumatori, sul web è più complicato.
Intanto siamo solo ora nell’epoca delle connessioni veloci e dell’alta definizione: rendere piacevole un’esperienza d’acquisto con la linea a 56k era impossibile anche per Steve Jobs!
Ma nonostante il progresso tecnologico, ancora oggi il tatto, il gusto e l’udito sono tagliati fuori dagli acquisti online.
Per il gusto, e anche per l’olfatto, una speranza potrebbero essere le stampanti alimentari 3d, ma dovremmo comunque procurarci autonomamente l’hardware e gli ingredienti per la stampa.
Il tatto per ora è affidato al comfort delle nostre periferiche: al momento però un’esperienza personalizzata è irrealizzabile.
L’udito è un buon mezzo per coinvolgere, ma il marketer deve tener ben presente che la maggior parte delle musiche dei siti non vengono ascoltate e che molti dei filmati vengono riprodotti senza audio: soprattutto da mobile spesso abbiamo il volume basso per rispetto di chi è nelle vicinanze (o almeno si spera sia così).
Quindi basare l’appeal delle nostre campagne promozionali sul web sulla sonorità può portare al mancato raggiungimento degli obiettivi di business.
L’alleato principale della vostra conversione online è quindi la vista. Anche qui però ci sono fattori da non trascurare quali gli schermi piccoli o obsoleti che riducono l’effetto wow! e le versioni mobile dei siti che spesso costringono a compromessi creativi.
Il canale sensoriale emotivo
In attesa del progresso tecnologico e di nuove modalità per raggiungere i sensi delle persone, la soluzione è trovare nuove leve per spingere i consumatori all’acquisto.
Lo strumento migliore a disposizione dei marketer è quindi quello della narrazione.
Lo storytelling, sia testuale che come audio o video, può essere la strada per attivare direttamente il nostro cervello senza passare dai sensi.
Attraverso i nostri neuroni specchio e sussurrando emozioni possiamo aumentare l’eccitazione dei circuiti neurali normalmente attivati dai nostri sensi.
I neuroni specchio sono dei particolari neuroni che si attivano in noi sia quando compiamo un’azione, sia quando osserviamo qualcuno compiere la stessa azione: se qualcuno ci narra una storia riesce ad attivarli come se la stessimo vivendo in prima persona!
L’importante quindi è avere qualcosa da raccontare e riuscire a trasmetterlo arrivando dritti al cuore del cervello: suscitare emozioni forti e coinvolgenti è il modo migliore per fornire una esperienza attivando le tracce mnestiche, i ricordi, del consumatore.
Il ricordo di esperienze piacevoli sarà quindi la leva che farà scattare il desiderio di provare sensazioni simili.
Emozioni, ricordi e sensazioni sono quindi le leve da sfruttare per stabilire prima un contatto e poi una relazione con il consumatore.
Come coinvolgere i consumatori?
Per migliorare le prestazioni del proprio ecommerce o dei propri servizi online è necessario quindi ottimizzare la navigazione dell’utente in modo da renderla semplice ed immediata.
Più che curare l’esperienza grafica, che non sarebbe esaltante su tutti i device, sarà necessario orchestrare una narrazione efficace ed emozionale, che vada a toccare i tasti giusti nella nostra mente.
Se ci abbandoniamo a emozioni e ricordi, diventiamo meno razionali e maggiormente predisposti a un acquisto d’impulso.
Il segreto per aumentare le conversioni attraverso il marketing sensoriale ed esperienziale nel web è quindi quello di puntare alla narrazione dell’esperienza, così da aggirare i limiti tecnologici:
il device perfetto è la nostra mente!
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