Quali sono i fattori psicologici che portano le persone a partecipare ai concorsi a premi e come i brand possono trarne vantaggio?
Ogni marketer sa che organizzare concorsi a premi può essere un elemento strategico fondamentale per accrescere il dialogo intorno al proprio brand e per aumentare i propri risultati in termini di engagement, visibilità e fatturato.
I concorsi sono inoltre uno strumento versatile: si può scegliere un concorso che premi il merito o la fortuna, si può creare un giveaway in cui tutti ricevono un premio, si può permettere di partecipare ai singoli o in gruppi, ecc.
A seconda di come decidi di strutturare il tuo concorso, potrai ottenere differenti risultati.
Ma quali sono i fattori psicologici per cui ci piace così tanto prendere parte alle competizioni più disparate?
Vediamo nel dettaglio i principali.
La prospettiva del guadagno
Spesso tendiamo a sottovalutare l’importanza che l’economia riveste nelle nostre vite.
No, non a livello globale. Non stiamo parlando degli smisurati flussi di valute, azioni, derivati e materie prime che vengono scambiati quotidianamente nelle piazze d’affari: quello è solo il livello estremo a cui siamo riusciti a portare un semplice meccanismo che si applica con le stesse modalità nel più naturale dei nostri gesti.
L’economia ha un enorme valore evolutivo: nella lotta per la sopravvivenza è essenziale l’ottimizzazione delle risorse che si hanno a disposizione.
Istintivamente percorriamo la strada più breve tra il punto A e il punto B per risparmiare energie; amiamo i cibi calorici per il loro gusto ma anche perché soddisfano maggiormente il nostro fabbisogno energetico; le euristiche economizzano le nostre risorse mentali.
Ciò che ci consente di avere più risorse, è fonte di guadagno potenziale.
I concorsi a premi sono influenzati da questo meccanismo in quanto ci offrono un probabile guadagno: compiendo azioni non complesse o affidandoci alla sorte possiamo avere prodotti e servizi che altrimenti dovremmo acquistare: nella nostra mente l’idea di avere un guadagno ci rende entusiasti e ci spinge a partecipare.
Che poi spesso il guadagno è relativo: mai e poi mai avremmo avuto bisogno di una fornitura annuale di quel prodotto che usiamo saltuariamente; né avremmo acquistato un brano in mp3 avendo un abbonamento illimitato di musica in streaming, tantomeno avremmo sottoscritto un abbonamento a una rivista di gossip.
Ma il nostro cervello si innamora della parola gratis e di tutti i termini che esplicitamente evocano l’idea di un guadagno o del risparmio: ed eccoci a raccogliere punti per l’abbonamento scontato in palestra quando già sappiamo che andremo ad iscriverci di lunedì, giorno d’inizio di una non meglio precisata settimana della nostra futura esistenza.
L’unica leva che supera la prospettiva di un guadagno, è il timore della perdita: l’idea di rischiare l’uovo di oggi per la gallina di domani può frenare la nostra tendenza alla competizione, ma i concorsi sono essenzialmente privi di rischi perché la vincita non si concretizza a spese degli altri concorrenti, è patrocinata dall’organizzatore che vuole ricompensare determinati comportamenti coerentemente con i propri obiettivi di business.
Una modalità promozionale che deve il suo successo al nostro amore per il guadagno è il giveaway: si può ottenere un guadagno senza nemmeno mettersi in gioco e senza particolari meriti.
Il gusto della competizione
Un’altra eredità che ci portiamo dietro, residuo anch’essa della lotta per la sopravvivenza, è la nostra tendenza a competere per primeggiare sugli altri.
Quando le risorse sono limitate o quando le condizioni ambientali rendono necessario prevaricare l’altro per trasmettere i propri geni, l’essere umano combatte contro i propri simili, accantonando l’empatia verso gli altri.
L’uomo però è un animale sociale, che ha storicamente avuto necessità di stare in gruppo per sopravvivere. Col tempo è riuscito a creare dei modelli societari che, almeno nelle intenzioni, non prevedono più la lotta per accaparrarsi le risorse: non abbiamo più bisogno di prevaricare i nostri simili, ma le guerre e le ingiustizie non sono mai finite.
La voglia di competere è quindi rimasta come tratto genetico nella nostra personalità gruppale: sublimata nelle competizioni sportive, esasperata nel contenderci il partner ideale e portata all’estremo nel tentativo di trovare un parcheggio sulla Prenestina.
Un sano agonismo non è negativo per la nostra vita, anzi: spesso siamo portati a fare meglio per cercare di raggiungere piccoli obiettivi che vanno dal soddisfare la nostra autostima al conseguire tangibili vantaggi economici.
I contest soddisfano la nostra voglia di vincere, di competere con l’altro, di dimostrare la nostra presunta superiorità.
Un concorso a premi da questo punto di vista ha il vantaggio di non arrecare danni ai perdenti. Spesso poi sono previsti premi di consolazione e in molti casi estrazioni finali che offrono a tutti una seconda chance.
Un contest in cui si deve eccellere in una qualsiasi attività va ad influire in maniera positiva sull’autostima del vincitore e lo ricompensa a prescindere dal reale valore del premio.
Chi non riesce a vincere poi difficilmente perde la fiducia nei propri mezzi: il nostro cervello riesce a compensare la mancata vincita con le varie attenuanti del caso (eravamo così tanti che è normale che ci fosse qualcuno più in gamba; non importa, era un gioco e non mi sono impegnato a fondo; anche se non sono il più bravo nel risolvere gli anagrammi, sono senza dubbio il migliore col simulatore di volo; ecc).
Un concorso a premi strutturato come una sfida di abilità tra i partecipanti consente quindi di tirare fuori la cattiveria agonistica che si annida in ciascuno di noi.
Un concorso a premio del genere è molto utile ai brand in quanto l’adrenalina ci fa sentire vivi e nel momento del trionfo saremo così carichi che non sarà importante cosa avremo vinto, ma il fatto stesso di aver trionfato: un’esperienza piacevole che resterà nei nostri ricordi insieme al marchio che lo ha reso possibile.
Partecipare per essere parte di qualcosa
L’importante non è vincere, ma partecipare – il motto del fondatore delle Olimpiadi De Coubertin però ci ricorda che vincere è piacevole, ma non è tutto.
Partecipare ad un evento, a una manifestazione o a un concorso ci permette di sentirci parte di un gruppo: il senso di appartenenza è spesso la leva psichica più rilevante per motivarci a compiere un’azione.
Perché la vittoria individuale conta poco al cospetto dell’abbraccio con la propria squadra dopo una partita giocata fianco a fianco.
E forse gioire per la vittoria è ancora meno bello di un terzo tempo in cui si mette da parte la rivalità con l’avversario e si festeggia insieme.
Un concorso a premi che anziché contrapporci agli altri partecipanti ci permette di unirci a loro è maggiormente motivante perché innanzitutto aumenta il numero dei vincitori, spostando l’obiettivo sulla cooperazione o sulla semplice partecipazione a un gruppo.
In secondo luogo un contest che ci fa sentire parte di un gruppo va a gratificarci a prescindere dal conseguimento dell’eventuale vincita e può creare una relazione con il brand oltre che con gli altri partecipanti.
Organizzare quindi un’attività promozionale che va a ricompensare coloro che si aggregano per una stessa finalità è un semplice modo per innescare un processo win-win: utenti felici e azienda che centra i propri obiettivi strategici!
Competere con sé stessi
Competere o cooperare con gli altri può a sua volta non essere lo stimolo giusto per prendere parte a un contest: in alcuni casi non sono gli altri il nostro metro di giudizio, ma siamo noi stessi.
Nel complesso rapporto con la nostra persona, esistono obiettivi che interessano soltanto a noi stessi.
Il riuscire a migliorare le nostre capacità è il lato positivo della nostra personalità: correre più veloce, saltare più in alto o ottenere più punti in una prova è naturale.
Questa nostra attitudine al tendere al meglio può essere gratificata e ricompensata attraverso contest creati per aiutarci a migliorare le nostre prestazioni e superare i nostri limiti.
Esiste però anche una deriva narcisistica di questo aspetto che può portarci a partecipare ai concorsi a premi.
È il caso di quei social contest che premiano la capacità di ottenere like e supporto dagli altri partecipanti o dagli spettatori della competizione.
In questo tipo di concorsi, più che lavorare sulle proprie abilità, si cerca di accaparrarsi il gradimento degli altri per meriti che non hanno un aspetto agonistico, ma fanno leva su nostro bisogno di sentirci apprezzati e riconosciuti dagli altri e da noi stessi: vinco perché sono più gradito/popolare/bello/figo/smart di te.
Che tipo di concorso a premi devo organizzare per il mio brand?
Ti ho parlato di alcune delle principali motivazioni psicologiche che possono spingerci a prendere parte a un contest organizzato da un brand.
Qual è però quello più adatto alla mia azienda?
La risposta a questo quesito ci è data da due punti principali:
- Quali sono gli obiettivi che intendo perseguire con il mio concorso?
- Quale tipologia di contest è più coerente con il mio brand?
A seconda dell’obiettivo di breve/medio termine (senza tralasciare quelli di lungo termine) devo comprendere quale tipo di attività mi porterà a raggiungerlo.
Se ho un nuovo prodotto, sarà mio interesse farlo provare a chi prende parte a ciò che organizzo; se ho una Fanbase da fidelizzare cercherò di coinvolgerne i membri con un’attività che li renda attivi e partecipi; se voglio creare clamore intorno al mio brand, inventerò una competizione che abbia l’obiettivo di far parlare di sé.
Devo poi ragionare su quali sono i valori del mio marchio e su che genere di attività può essere coerente con il mio posizionamento.
Se sono un’azienda focalizzata sullo sport, andrò ad investire sulla competizione tra individui, tra squadre e con se stessi; se vendo prodotti di bellezza probabilmente andrò a puntare sull’aspetto edonistico dei contest; se devo far conoscere un nuovo prodotto, farò un giveaway o creerò un contest che ne racconti le peculiarità.
Analizzare quindi il proprio business, il proprio pubblico e comprendere quali caratteristiche deve avere il concorso a premi giusto per il proprio Marketing Plan è essenziale.
Per poi mettere in pratica il tutto, il consiglio è di scegliere un servizio che permetta di gestire il concorso in tutti i suoi aspetti: legali, organizzativi e pratici.
Leevia fornisce una piattaforma con varie modalità di contest, permette di misurare i risultati delle attività svolte e consente di rispettare i requisiti legislativi.
Un concorso non deve essere fine a se stesso, ma deve far vincere il tuo business, insieme al tuo pubblico!
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