“Il Signor Distruggere”, le mamme Pancine e la realtà che supera la fantasia (in peggio)
Il “Signor Distruggere” (alias Vincenzo Maisto) è un sito/pagina Facebook/Account Instagram/Profilo Twitter che potremmo inserire nella grande categoria di nuove “esperienze editoriali” che fanno dell’ironia e delle storie vere prese dalla rete il proprio fulcro d’attenzione. Alla prima occhiata infatti non sembra distante da esempi quali “Mentire di fronte alle spunte blu di WhatsApp”, “La fidanzata psicopatica” o comunque pagine e siti che, nati da uno spunto sui social, sono diventati piccoli casi editoriali.
La gran parte di queste pagine si regge però sulla nostra naturale empatia nel riconoscersi in una situazione, in un personaggio, in un pezzo di una storia di cui abbiamo avuto esperienza diretta. Il Signor Distruggere da questo punto di vista invece prende tutta un’altra strada e ci mette di fronte a situazioni, idee e approcci culturali totalmente sconosciuti, alla grandissima parte di noi almeno, tali da provare, per alcuni casi, quasi disgusto e ribrezzo.
L’attenzione viene rivolta infatti nei confronti di gruppi di mamme/donne che si scambiano idee ed opinioni “bizzarre” sui rapporti con figli e mariti. Casalinghe, per la gran parte. Il modus operandi con cui viene gestita la pagina è quasi giornalistico, con fonti interne ai gruppi chiusi che vengono protette e che passano le informazioni e gli screenshot all’autore.
Incuriositi da come una simile pagina sia nata e continui a crescere a ritmo impressionante, abbiamo posto qualche domanda al suo autore.
Innanzitutto la prima domanda, scontata, ovvero la genesi dell’idea: come ti è venuto in mente di creare “il signor distruggere” e da dove deriva il nome?
«La genesi del nome è trattata nel libro del 2015 “Distruggere i sogni altrui esponendo la realtà oggettiva”, diciamo che mi fu affibbiato. L’idea è plasmata sulla mia personalità, quindi bisognerebbe chiedere a mia madre.»
La tua pagina Facebook ha più di 500.000 fan, il tuo profilo Instagram 118.000 follower e 27400 follower su Twitter: come differenzi i contenuti fra tutte le piattaforme?
«Ogni social funziona differentemente e ci si regola su questo per utilizzare i contenuti. Gli standard della comunità di Facebook sono diversi da quelli di Twitter, quindi anche i contenuti pubblicabili. Instagram, tranne che per una rubrica specifica, è più personale. Facebook è incentrato sul blog, Twitter è una via di mezzo.»
Non senti una certa responsabilità nel parlare a un numero di persone così alto?
«No, non si può far contenti tutti e anche se mi mettessi a parlare di gattini qualcuno se ne lamenterebbe. Si pensa alla maggioranza e si ignora il resto.»
Remunerazione dell’investimento (di tempo, risorse etc): hai scritto un libro, ma oltre a questo hai dei ritorni dal “lavoro” che fai sui social? Adsense sul sito o altro? Oppure lo fai solo per divertimento?
«Un sito dai 30.000 accessi giornalieri non si tiene su con le preghiere e il programmatore che ci lavora non può andare al market pagando la spesa in visibilità. Gli Adsense coprono parte del problema, lo scrivere, invece, è un hobby e dalla piccola editoria non si ricavano i miliardi. Non sono “The Blonde Salad” e non mi pagano ancora per farmi foto su Instagram.»
Perchè “te la prendi” soprattutto con una categoria molto precisa di persone?
«Mi concentro su quello che mi inviano, aspetto con ansia contenuti sui maschietti. Ma nessuno mi manda nulla sull’argomento.»
Ti senti un autore satirico o la tua è più una volontà di creare informazione?
«Ma nessuna delle due cose. Non sono un giornalista, posso anche condividere dei fake e delle trollate per creare ilarità.»
Tra tutte le cose che ti è capitato di pubblicare, qual è quella che ti ha scioccato di più?
«Le mamme che mangiano la placenta. Documentate con video ricette da youtube.»
Cosa pensi, davvero, di queste persone? Immagina di essere sul palcoscenico di un teatro e di averle tutte sedute davanti a te, in platea, cosa diresti loro?
«Prova, microfono, prova.»
Exit o piani futuri: il signor distruggere è solo uno step nella creazione del tuo “personal branding” o lo vedi come un “brand” in grado di espandersi?
«Non saprei, il mondo l’ha scoperto da due mesi, ma esiste da 6 anni. Un giorno diventerà “Mr. D”, si tende alla sintesi».
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