La comunicazione è cambiata, così come il resto del mondo. In ogni settore ci si è adattati a nuove routine e lo stringere relazioni hanno assunto una connotazione molto diversa.
Questo è il covid-19 che ha dato una forte spinta verso il mercato digitale e lo ha fatto anche per le società sportive e i suoi attori come gli sponsor e gli atleti.
Ne abbiamo parlato con Mate Agency, la mente dietro la gestione di molti profili social di calciatori e atleti.
Ciao, parlaci un po’ di te e del tuo ruolo in Mate Agency
Sono Alessandro Veroli e dal settembre 2020 svolgo l’incarico di Amministratore Delegato per Mate, un’agenzia di comunicazione nata a Torino e che unisce due anime differenti e ben definite. La prima, quella sportiva, dedicata all’ambito dello star system, affianca alcuni tra i più importanti talent a livello internazionale: da Gianluigi Buffon a Sara Gama e Bebe Vio, passando per Danilo Gallinari, Miralem Pjanic e molti altri. La seconda, riguardante l’area corporate, si focalizza invece sulla
comunicazione con clienti sia nella pubblica amministrazione sia nel privato.
Tra i soci di capitale sono presenti anche Giorgio Chiellini, capitano della Juventus e della Nazionale, e Claudio Marchisio, che dopo molti anni tra le fila della Juventus ha avviato una carriera imprenditoriale.
Io mi occupo in particolare dello sviluppo dell’area sportiva: dalla gestione dei singoli profili alla ricerca di nuove partnership, fondamentali in un lavoro dinamico e interconnesso come il nostro. In realtà amo definirmi come un ingegnere informatico atipico, con una grande predilezione per il mondo della comunicazione e dello sport.
Ho avuto la fortuna di realizzare il mio sogno: questo lavoro è un perfetto connubio tra le mie più grandi passioni.
Quali sono i criteri che un’azienda deve tenere in considerazione quando devono scegliere la squadra di cui diventare sponsor?
Innanzitutto, credo che un’azienda debba avviare collaborazioni e sinergie con squadre che hanno una potenziale fanbase vicina al proprio target di riferimento.
Mi spiego meglio: un realtà provinciale, legata al territorio, può preferire squadre locali rispetto a compagini con uno sbocco nazionale o internazionale.
Non per forza grandi fanbase producono grandi risultati.
Anzi, talvolta i brand possono scegliere realtà meno altisonanti ma più funzionali all’obiettivo predefinito.
A differenza degli anni precedenti, come vi siete mossi nel 2020 nel fan engagement?
Il 2020 è stato, per ovvi motivi, un anno particolare. La nostra scelta è stata quella di privilegiare contenuti di qualità: magari meno quantità, ma con l’intento di alzare il livello medio dei nostri post.
Abbiamo cercato di far mantenere ai nostri talent un tono sobrio, consapevoli del momento delicato che ciascuno di noi ha vissuto.
E soprattutto abbiamo provato ad avvicinare i nostri assistiti alla loro fanbase di riferimento. A volte basta poco per ottenere notevoli risultati: bastano due ingredienti quali spontaneità e semplicità.
Anche un piccolo gesto può avvicinare persone con fama mondiale al proprio pubblico di riferimento. E’ ovvio, il Covid non ha cambiato la vita a tutti in egual misura, ma sicuramente è stato l’emergenza ha rappresentato uno shock per chiunque. Lo scopo quindi è stato quello di entrare in una sfera più intima, rispettosa e maggiormente consapevole.
Oltre il calcio, quali sono gli sport che vanno forti del coinvolgimento dei fan secondo la tua esperienza?
Devo dire che basket e tennis stanno avendo un grande clamore negli ultimi anni. Riguardo la palla a spicchi, il ritorno di due stelle internazionali quali Datome e Belinelli ha permesso all’intero movimento italiano di acquisire maggiore credibilità anche al di fuori dei nostri confini. Discorso a parte per l’Nba, che come sempre genera un interesse superiore a qualsiasi altra disciplina.
Il tennis invece ha avuto un forte boost dovuto alle grandi prestazioni di Jannick Sinner. Avere un giovane italiano tra i giocatori più promettenti al mondo ha fatto avvicinare tanti fan a questa disciplina già in precedenza destava grande interesse.
Mi permetto di citare poi anche le arti marziali miste: la UFC è ormai un colosso mondiale e anche Bellator si fa rispettare. Noi seguiamo proprio quest’ultima, a livello nazionale e in Francia, e abbiamo visto come l’hype legato agli sport di combattimento stia crescendo a dismisura, grazie a figure trainanti come Giorgio Petrosyan e Conor McGregor.
Che cosa possiamo fare per coinvolgere i fan anche online che nelle tribune?
Si deve cercare di dare ai fan qualcosa che altrimenti non potrebbero avere.
Retroscena, contatto diretto tra fan e talent/organizzazione, simpatia e capacità di interazione con il pubblico sono alla base di una buona gestione social.
Gli atleti, spesso considerati quasi al pari dei supereroi, hanno invece online la possibilità di mostrare il loro volto più umano, abbattendo così le differenze con i fan.
Una relazione di vicinanza e anche di immedesimazione tra fan e talent è fondamentale per costruire delle relazioni positive e per aumentare l’engagement.
Quali sono i tool che vi aiutano nell’organizzazione del lavoro?
In passato, determinati tool di programmazione e analisi erano fondamentali. Le piattaforme native (Facebook, Instagram, Twitter) avevano pochissimi strumenti e la maggior parte di questi erano ancora in uno stato embrionale.
Ad oggi però le varie piattaforme si sono evolute e permettono di svolgere un lavoro diretto sia di approfondimento e programmazione che – soprattutto – di analisi. A questi strumenti già “in dotazione” si possono aggiungere vari tool, che stanno diventando negli ultimi anni sempre più stratificati e settoriali. Trovo molto utile, in questo senso, l’utilizzo di HootSuite, che permette di gestire tutti i canali in maniera semplice e diretta.
Tra i vostri case study, quale puoi raccontarci più significativo per il 2020?
Mi permetto di partire con un esempio strettamente legato all’emergenza che stiamo vivendo. Con Claudio Marchisio abbiamo deciso di dare il via a una campagna dal titolo #SePuoiDelivery .
Sui propri social, principalmente attraverso le Stories su Instagram, Claudio ha dato visibilità gratuita a tutte le realtà legate al mondo della ristorazione che sono state costrette a stravolgere completamente la loro attività durante il Lockdown e a trasformarsi da attività “on sight” a realtà basate esclusivamente sull’asporto. E’ stato un modo semplice di aiutare le persone maggiormente colpite anche a livello economico da questa crisi senza precedenti.
Rimanendo in ambito sportivo, un’attività particolarmente apprezzata è stata quella che ha preceduto il passaggio di Danilo Gallinari agli Atlanta Hawks.
Quando il giocatore era Free Agent (senza squadra), abbiamo creato una grafica in cui al centro dell’immagine spiccava proprio Danilo con una casacca grigia, non appartenente a nessuna squadra. Nella caption abbiamo domandato agli utenti quale sarebbe stata la prossima destinazione. Un post semplice, che ha però prodotto oltre 6500 commenti e una copertura di 400.000 follower.
Noi di Leevia ringraziamo Mate Agency per il tempo che ci ha dedicato per questa interessante intervista, che ci rende ancora più evidente come le relazioni siano condite di due elementi principali: l’empatia e la positività.