UCI Cinemas inserisce all’interno della programmazione uno spot targato Provita: dure le reazioni sui social network
UCI Cinemas è tra le aziende leader nel settore dei multisala e multiplex e rappresenta, ad oggi, uno tra i più grandi gruppi cinematografici a livello mondiale, solo in Italia è presente con ben 48 multiplex e 481 schermi.
In questi giorni, nelle sale del gruppo cinematografico, è apparso uno spot targato Provita, che effettua una propaganda contro l’utero in affitto.
La stessa associazione era già conosciuta per il taglio estremo delle sue istanze e le aperte polemiche con le associazioni LGBT, scoppiate in particolare in occasione dell’approvazione della legge Cirinnà. Ma non solo, le campagne di Provita sono spesso state osteggiate anche da altri gruppi di stampo femminista e da associazioni che tutelano i diritti delle donne. Insomma, un tema sensibile, che polarizza le opinioni su argomenti etici riguardanti la sfera sessuale e affettiva degli individui, con una contrapposizione di schieramenti che negli ultimi anni hanno incendiato il paese.
Lo spot è uno spezzone del film Breeders, prodotto dal Center for Bioethics and Culture Network dell’attivista statunitense Jennifer Lahl, che da diverso tempo porta avanti campagne contro la gestazione in affitto.
31 secondi che hanno scatenato l’ira di alcuni clienti UCI Cinemas che hanno percepito lo spot di Provita come fastidiosa propaganda che poco si addice all’ambiente della sala cinematografica.
E quale modo migliore per diffondere la notizia se non utilizzando il potere editoriale diffuso?
I clienti di UCI Cinemas hanno utilizzato il web per esprimere la loro opinione ai diretti interessati, intervenendo sulla pagina Facebook dell’azienda con commenti molto duri nei confronti dello spot e della decisione di inserirlo all’interno della programmazione pre-show.
Di seguito vi riportiamo lo screenshot di un’iniziativa dedicata ai diciotenni, pubblicata dal sito di UCI Cinemas, dove i commenti piovono copiosi senza lasciare alcuno spazio all’immaginazione.
Questa problematica tra UCI Cinemas ed utenti web si era già presentata: in un primo momento la catena cinematografica aveva deciso di interrompere la programmazione di questo spot, ma poi c’è stata un’inversione di rotta da parte della direzione.
Questo il comunicato dell’azienda:
“In seguito ad alcune segnalazioni ricevute nei giorni scorsi da alcuni clienti, Uci Cinemas ha sospeso per tre giorni la programmazione di uno spot contro l’utero in affitto nell’ambito del pre-show che precede la proiezione dei film. Effettuate le dovute e opportune verifiche, il Circuito ha deciso di riammetterla“.
Fino ad ora, momento in cui stiamo scrivendo il nostro articolo, sulla pagina di UCI Cinemas continuano a piovere commenti negativi sotto i loro post e l’azienda non sta offrendo alcuna risposta ai suoi utenti.
Cosa possiamo imparare da questo caso?
Tre cose. La prima è che i temi etici, in particolare quelli che polarizzano in questo modo, dovrebbero restare fuori dalle aziende, le quali sarebbe meglio restassero “neutrali” rispetto ad argomenti così delicati per evitare di offendere la sensibilità di una parte dei loro clienti (o potenziali tali) ed evitare flame di questo tipo.
La seconda: la prima cosa non è vera, o forse lo è, o forse non lo è. Nel mondo dei social, infatti, è facile scatenare un flame di questo tipo ma poi, nel mondo reale, quanti effettivamente mettono in pratica il boicottaggio? I casi di Barilla e Italo insegnano: le aziende non hanno avuto un calo del fatturato. Il problema si limita quindi ai Social, e questo ci porta al terzo punto.
Affrontare Social Media Crisis di questo tipo è importante, ma bisogna saperlo fare nel modo giusto. Bisogna avere la pazienza di rispondere e soprattutto agire a doppio filo con le PR per “tamponare” ed evitare di intaccare l’immagine dell’azienda.
Nel caso di UCI Cinemas, però, l’azienda ha compiuto una scelta diversa: continuare con la proiezione degli spot e non rispondere ai commenti sui Social. Verrebbe da chiedersi “ma dov’è il Social Media Manager quando serve?”, oppure questa strategia del silenzio è voluta e pensata? Voi cosa ne pensate?